Produttività della comunicazione

Dal 2010 al 2017, i ricavi delle principali 2075 società italiane (fonte: Mediobanca), uno spaccato significativo dell’apparato industriale, sono aumentati di +9%, quasi l’1% in media annua.
Il settore delle telecomunicazioni ha subìto un crollo di -18%, determinato in prevalenza dal calo delle tariffe. L’aumento della competizione e le scelte dei regolatori pubblici hanno determinato il calo delle tariffe a tutto vantaggio dei consumatori. Di contro le Telco hanno probabilmente ridotto gli investimenti e questo ha accentuato il ritardo sull’efficientismo delle autostrade digitali. Abbiamo la possibilità di avere più giga a prezzi competitivi, ma la velocità di connessione è sempre lenta e la copertura non capillare.
I ricavi dell’editoria negli ultimi sette anni sono scesi di -18%. La stampa è stata la vittima privilegiata del web. L’offerta di siti d’informazione è diventata strabordante. La quantità va sempre a scapito della qualità: si legge di meno e spesso ci si limita a leggere solo ciò che conferma le nostre opinioni. I social sono diventati il luogo dove si deride e si offende l’avversario politico (e si diffondono fake). I giornali-siti “seri” soccombono. Il problema è che molti giornali sono diventati “di partito” e che l’obiettività è sparita! Più che l’opinione di un giornalista, sarebbe importante conoscere i fatti e come si sono svolti. Se non ci sarà un cambio nell’offerta di informazione, sarà inevitabile che il pubblico si rivolgerà ai soli social di appartenenza, che è come un “guardarsi” allo specchio.
Unico mezzo che riesce ancora ad avere ampie platee, a combinare il “serio” col “leggero” è la televisione. Nel periodo considerato, i ricavi del settore sono cresciuti di +4%. In questo caso incide l’andamento del canone di abbonamento. La riforma attuata dal Governo-Renzi, che ha ancorato il pagamento del canone al contratto dell’energia elettrica, ha azzerato l’alta evasione esistente. Il fatto che tutti gli utenti pagano, ha permesso di ridurre l’entità del canone unitario. Nel contempo è il Governo a decidere la quota dei proventi da canone da dirottare alla Rai, e tale quota si riduce annualmente, mettendo a rischio la solidità della Rai e indirettamente impoverendo l’intero sistema radiotelevisivo. Il canone è una risorsa del sistema, che finanzia direttamente la Rai ma indirettamente l’intero sistema.
Per quanto riguarda la produttività, il settore “Emittenza radiotelevisiva” ha avuto il calo maggiore.
Il settore della comunicazione versa in cattive acque. Intanto chi ha pagato di più il prezzo della crisi sono i lavoratori: dal 2010 i dipendenti delle telecomunicazioni sono scesi di quasi 10mila unità (-14% contro -0,2% delle 2075 società), quelli del settore dell’editoria-stampa sono scesi di -18%, mentre quelli del settore radiotelevisivo aumentano di +4%.