Telecomunicazioni

Poche settimane fa il gruppo francese Vivendi è stato scalzato dal comando di Tim dal fondo americano Elliott; è notizia recente l’ingresso nel mercato della telefonia di un altro gruppo francese, Iliad. Già ben radicato in Francia dove ha raggiunto in pochi anni il 14% di quota di mercato (dopo Orange e SFR). Il successo di Iliad in Francia è legato ad offerte molto competitive e ad una struttura commerciale semplificata. Unico dubbio è la copertura della rete, ma il fatto che parteciperà all’asta delle frequenze per la rete 5G fa supporre che possa a breve superare questo iniziale handicap.
Al di là del fatto di cronaca, propongo alcune considerazioni di carattere generale.
Il mercato delle Tlc è sceso nell’ultimo anno di circa -5%; ormai anche il mobile ha toccato l’apice degli abbonati e quindi le possibilità di crescita nel segmento della telefonia fissa e mobile sono contenute. Le opportunità di sviluppo sono legate all’erosione delle quote degli altri competitor, e ciò può avvenire solo tramite offerte tariffarie vantaggiose per il pubblico, offerte che peraltro erodono i margini economici. Vi è un altro segmento trainante ed è quello dei servizi. Internet ed i contenuti audiovisivi possono costituire il plus vincente. Perché ciò accada si devono avverare due condizioni: che le nostre autostrade digitali si completino velocemente, e cioè la cablatura del Paese con la fibra ottica e l’avvio del 5G (su entrambi i fronti siamo come noto in ritardo), e che siano scelti contenuti veramente forti, come, per esempio, il calcio. Il giorno che, con qualsiasi device e in qualsiasi località dell’Italia, si potrà comprare e vedere una singola partita, vorrà dire che la convergenza è diventata veramente operativa (il discorso vale anche per le serie televisive, per i film come per qualsiasi programma di successo).
È prevedibile che nel mercato delle Tlc arriveranno altri operatori così come si modificherà l’assetto del mercato. Nei settori dove vigeva il monopolio pubblico (spesso coincidenti col “monopolio naturale”), gli elevati costi fissi, che anche dopo la liberalizzazione si ponevano come barriera per l’ingresso di altri soggetti e che ancora costituiscono un peso per i vecchi ex monopolisti (si pensi all’elevato numero dei dipendenti), tendono a ridursi, grazie anche alle tecnologie, e ciò agevola l’ampliamento della concorrenza. Non a caso ora la competizione si basa sui costi variabili, sul marketing e sull’arricchimento delle offerte con i servizi, opzioni sulle quali le medie imprese possono delle volte meglio esprimersi.
Un’ultima considerazione. Saranno in molti a criticare il fatto che siamo diventati terra di conquista delle imprese straniere. Negli anni novanta, dopo la liberalizzazione, c’erano due imprese nazionali, Telecom e Omnitel (inglobata successivamente in Vodafone). Adesso la grande maggioranza degli operatori sono stranieri. Ma l’italianità si difende non con anacronistiche e inutili barriere ma solo rafforzando il nostro sistema industriale (è strano come tutti auspicano l’ingresso di capitali esteri, per poi lamentarsi se gli stranieri comprano le nostre imprese o entrano nel mercato!).
Per stemperare la questione, ricordo, come semplice battuta di battuta, che anche ai tifosi non interessa la nazionalità del proprietario della loro squadra di calcio, interessa che vinca!