Nuove Pubblicità

Il mercato pubblicitario sta cambiando, non sempre nelle forme corrette e ciò si ripercuote sugli equilibri dei mezzi di comunicazione e sulla stessa comunicazione pubblicitaria.

Il mercato pubblicitario nel 2022 (dati Nielsen) ammonta a 8,7miliardi; la quota maggioritaria appartiene al digital, di fatto il Web, con il 45%, mentre la televisione, che nel 2010 dominava il mercato col il 57% di quota, scende al 40%. Tutti gli altri mezzi, dalla stampa, alla radio, vedono ridursi ulteriormente le rispettive quote.

In poco più di un decennio il mercato pubblicitario è stato stravolto. Siccome la pubblicità è la fonte primaria di finanziamento del sistema dei media, anch’esso subisce ripercussioni che rischiano di marginalizzare ulteriormente la stampa e ridurre le potenzialità della stessa televisione. Si potrebbe ribattere che quanto descritto sia una normale evoluzione del mercato. In parte è vero. Basti pensare alla diffusione del Web e delle sue principali applicazioni; si stima che più della metà della giornata “libera” di ciascuna persona sia dedicata alla visione dei social, delle piattaforme digitali in generale. Va però segnalato che mentre i mezzi classici di comunicazione hanno “regole” da seguire, il Web vive come in una sorta di “terra di nessuno” dove non ci sono regole se non la “legge del più forte”. Sembra di rivedere la situazione che in Italia si creò con la fine del monopolio pubblico televisivo quando l’assenza di una disciplina del settore agevolò la nascita del duopolio Rai-Mediaset, con l’azienda di Arcore che arrivò a detenere la quota maggioritaria del mercato pubblicitario (nel 2000, il 35% sui mezzi classici ed il 63% sulla televisione).

Incominciamo col dire che dei 3,9miliardi di ricavi pubblicitari assorbiti dal web, più del 90% sono confluiti sui grandi network internazionali, quelli che vengono identificati con la sigla Gafam, cioè Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft, con l’aggiunta di Twitter e di TikTok. Non a caso anche le principali società di telecomunicazioni vogliono partecipare al notevole business della pubblicità digitale e non accontentarsi dei soli “pedaggi” per l’uso della Rete.

Il Web ha indubbi vantaggi per la comunicazione pubblicitaria. La possibilità di profilare le persone permette di raggiungere i target preferiti; anche se manca ancora la precisione sulle effettive visualizzazioni, a differenza di ciò che avviene in televisione grazie all’Auditel. I vantaggi del Web derivano anche dal fatto, come detto, che gli operatori non sono sottoposti a vincoli ai quali altri mezzi sottostanno.

I mezzi che operano sul Web, per esempio, non hanno alcun limite riguardo all’affollamento, cioè la quantità di pubblicità. La televisione, per esempio, è sottoposta a limiti orari e giornalieri; sul Web la quantità di pubblicità è debordante. Ciò permette agli operatori della rete di praticare tariffe piuttosto competitive che mettono ai margini i mezzi classici.

I problemi maggiori riguardano la “trasparenza” della comunicazione pubblicitaria. Sui media tradizionali vi sono codici che garantiscono che la pubblicità sia trasparente e tali codici sono generalmente rispettati, sul Web si entra in un mondo “opaco”. Prendiamo a riferimento le due “regole” che la pubblicità dovrebbe sempre praticare, la correttezza e la trasparenza. Il primo caso impone che la pubblicità eviti di ingannare il pubblico, mostrando, per esempio, qualità tecniche o prerogative merceologiche che il prodotto stesso non ha oppure che non siano dimostrate. L’elogio, fino alla iperbolica vanteria è ammessa sottraendosi al giudizio di verità, non è ammesso quando si comunica il falso. L’altro valore è piuttosto delicato: bisogna evitare che la pubblicità sia confusa con l’informazione vera e propria. Cioè la pubblicità deve essere sempre riconoscibile come tale. Anche in questo caso, la non osservazione di tale regola comporta un vero e proprio inganno nei confronti del pubblico-consumatore.

Nei mezzi tradizionali queste regole vengono perlopiù osservate.

La situazione cambia con l’arrivo del Web. La comunicazione e la conseguente pubblicità aumentano a dismisura ed i controlli sono resi più difficoltosi, nella quasi impossibilità di verificare questo immenso flusso di commercial. Cosa succeda, per esempio, nel mondo del Metaverso è difficile da verificare. Lo stesso si può dire una volta che il nuovo fenomeno del ChatBot si diffonderà: chi ci garantisce che non ci siano all’interno degli elaborati, dei video predisposti dalla AI forme di pubblicità occulte?

Prendiamo come esempio il settore degli influencers. Molta della pubblicità online passa attraverso questi personaggi: il fatto che vengono utilizzati con frequenza dal settore del fashion, sempre alla ricerca degli strumenti più avanzati del marketing, è indicativo delle preferenze degli inserzionisti per questo strumento. Sono personaggi noti dello spettacolo oppure personaggi che hanno un ampio seguito nei social (come gli youtuber, i tiktoker), che diventano spesso essi stessi un brand. I loro “consigli commerciali” sono per molti modelli da seguire. Si finanziano grazie agli sponsor ed ai rimborsi che i social elargiscono in base al numero delle movimentazioni che il social stesso ottiene grazie alle loro attività.

A fronte dei problemi qui sollevati c’è da auspicare che queste “nuove pubblicità” qui delineate siano adeguatamente disciplinate, per tutelare i consumatori, di merci e di contenuti editoriali.

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