Il “partito-Rai”

Dal 1993 si sono succeduti in 26anni 15 presidenti del Consiglio di amministrazione (e 16 direttori generali) della Rai: quand’anche avessero avuto la capacità e l’ambizione di fare investimenti tecnologici che travalicassero la durata del loro mandato e di introdurre novità gestionali innovative, non avrebbero avuto il tempo per studiare e avviare la realizzazione del progetto

Sempre dal 1993 vi sono state tre leggi che hanno disciplinato la nomina del vertice, leggi che, evidentemente, non hanno risolto la questione della governabilità dell’azienda, anzi hanno accentuato il legame della stessa al Governo-Parlamento.

L’autorevolezza di un vertice si misura dalla sua autonomia. Bisognerebbe recidere i lacci che legano la Rai alla politica: far nominare il Consiglio di amministrazione da autorità indipendenti per una durata almeno pari a quella della legislatura e fare in modo che il rinnovo avvenga a metà della stessa legislatura; CdA che dovrebbe come scindersi, una parte dovrebbe privilegiare l’aspetto gestionale e l’altra quella editoriale, dando all’Amministratore delegato i pieni poteri per l’attuazione degli indirizzi. Non è pensabile che un CdA scada dopo solo tre anni, come adesso: si rischia che già a metà del suo mandato perda molto della sua autorevolezza.

La Rai è intrisa di politica. Nasce centrista (in altre epoca si sarebbe detto democristiana) e il suo gruppo dirigente continua, quasi pervicacemente, ad avere posizioni centriste, nella gestione come nella programmazione: la tecnostruttura non mette a rischio la perduranza dell’azienda con scelte che ritiene avventate per cui privilegia la conservazione. Il famoso “partito-Rai”, composto dalla tecnostruttura interna, “partito” che si avvale anche della risonanza data alle sue posizioni da parte della stampa oltre che dal sostegno dei partiti, condiziona non poco le scelte del vertice. C’è chi arriva a sostenere che sia la Rai a condizionare la politica e non l’inverso come generalmente si pensa!

Questa situazione porta l’azienda all’immobilismo. Quante riforme mancate! Si pensi che due Consigli di amministrazione si sono arenati sul progetto della newsroom, l’unificazione del serviceunico dei servizi d’informazione, che avrebbe determinato risparmi consistenti, in quanto il partito-Rai si è frapposto nel presupposto che questa soluzione avrebbe intaccato diverse rendite di posizione.

Ogni ristrutturazione si aggiunge alle altre senza che si taglino i doppioni: è l’anticamera della disorganizzazione, della de-responsabilizzazione, dei doppioni organizzativi, di attività non qualificanti e costose, della abdicazione ai produttori esterni!

Certo che se fosse vero quel che qualcuno sostiene e che cioè la Rai sopravvive solo grazie alla politica, sarebbe una constatazione amara in quanto si dovrebbe mettere in discussione l’intero impianto che sorregge il nostro sistema televisivo. Qualche segnale lo invia comunque già il pubblico, che gradatamente ma in misura costante si allontana dallo schermo televisivo.