Canone
Seri problemi incombono sulla Rai. Si prospettano infatti pesanti cali per le due sue risorse, la pubblicità (copre il 21% del totale dei ricavi) ed il canone (il 73%).
C’è la possibilità che il Parlamento legiferi per un taglio degli affollamenti pubblicitari, con una perdita stimata in circa 150milioni. Un altro problema riguarda la fonte principale di ricavo, il canone di abbonamento. La legge n. 208/2016 aveva ancorato il pagamento del canone di abbonamento al contratto per l’energia elettrica. Questo metodo aveva quasi azzerato l’elevato abusivismo. L’aumento degli abbonati, determinato dal nuovo metodo, ha permesso anche di ridurre l’entità del canone unitario, che scese a 100euro per poi stabilizzarsi a 90 dal 2017.
Questa modalità deve essere cambiata perché l’Europa impone di eliminare gli oneri impropri dalla bolletta dell’energia elettrica. Cosa succederà dal 2023?
Si potrebbe ritornare al vecchio sistema, che manifestava però falle sul tema dell’accertamento e del recupero dell’abusivismo e della morosità. Si rischierebbe inoltre un aumento del canone unitario. Una delle ipotesi presa in considerazione è quella del pagamento attraverso il 730, un’altra è quella del finanziamento annuale da parte dello Stato.
Queste ultime ipotesi rischiano però di cambiare la “natura” della Rai. L’idea portante che sorregge il servizio pubblico è che esso sia gestito da un’impresa pubblica e non da un apparato della pubblica amministrazione. Legare il finanziamento della Rai alla fiscalità generale, trasformerebbe il “servizio pubblico” in un “servizio di stato”. Si dirà che la questione è puramente formale, invece non è così. Immaginiamo le trattative fra i partiti quando si discuterà in Parlamento il quantum da dare alla Rai. Il Governo deciderà il destino della Rai. Si dice sempre di allontanare la politica dalla Rai, ed invece la Rai diventerebbe una direzione del ministero dell’Economia. Una anomalia che porrebbe, per esempio, delicate questioni sulle stesse responsabilità ed autonomie gestionali degli amministratori e di chi lavora in Rai a tutti i livelli.
Il canone di abbonamento è una tassa, come tale dovrebbe essere pagata evitando la solita evasione, per esempio ancorandola all’abitazione. Allo stesso tempo la Rai potrebbe fare offerte editoriali a pagamento, come una pay vera e propria, per alcuni canali specializzati, come RaiNews24 o RaiYoyo, mentre l’affollamento pubblicitario dovrebbe tenere conto della tipologia dei programmi. Insomma, bisognerebbe rimodulare l’organizzazione della Rai secondo le vocazioni editoriali.
La soluzione, volendo, si può trovare. La questione è legata alla volontà di mantenere in vita il servizio pubblico. Ci sarà tempo per discutere sul futuro della Rai, un’azienda in profonda crisi. Al momento, nella tragedia della guerra in Ucraina, il compito della Rai dovrebbe essere quello di costituire un baluardo utile a limitare le strane interferenze sul nostro debole sistema informativo. Si dirà che anche la Rai si distingue in alcuni casi, pur sempre limitati, per prese di posizione fuori logica, posizioni che stravolgono la realtà. C’è però una differenza sostanziale: la Tv commerciale è libera di scegliere qualsiasi linea editoriale, sarà il pubblico a giudicarla, la Rai ha tali controlli, interni e non ultimi quelli dell’opinione pubblica, che limitano eventuali fughe di singoli programmi verso la sistematica faziosità.