La rete unica
I dati e le immagini transitano sulla rete e grazie alla rete sono attivati innumerevoli lavori. Proprio la funzione altamente strategica svolta dalla rete, le nuove autostrade informatiche, dovrebbe suggerire che la rete sia considerata un bene pubblico e che le sue funzioni siano catalogabili come servizio pubblico. Idea che non è presa finora in considerazione.
La rete dovrebbe essere unica per agevolare la copertura dell’intero paese, anche nelle zone meno “ricche”. Se la rete deve essere unica, deve anche essere pubblica (o con partecipazione maggioritaria del soggetto pubblico) per garantire la parità di accesso di tutti gli operatori. L’alternativa è la formazione di più reti, con rischi che si crei un monopolio privato in un settore nevralgico come quella della rete.
Vediamo quale è la situazione. Tim sta rinnovando la sua vecchia rete basata sul rame con la fibra ottica, mentre Open Fiber, società per il 50% di Cassa Depositi e Prestiti (l’altro 50% apparteneva ad Enel che ha ceduto il 10% a Cdp, che così detiene il 60% della società, ed il restante 40% al fondo australiano Macquarie), sta portando avanti una sua rete che, non operando direttamente nella telefonia, affitterà agli altri operatori privati. Per cui ci sono sostanzialmente due reti, con rischi di moltiplicazioni di costi e con la possibilità che la copertura del segnale non arrivi nelle zone a “fallimento di mercato”, per la loro scarsa densità. Il buon senso suggerirebbe che la scelta migliore sia quella di una rete unica. La tesi che avvalla il progetto è questa: la rete deve essere unica, per evitare aumenti dei costi e soprattutto per essere neutrale nel senso che non deve appartenere ad un operatore telefonico per evitare contraccolpi negativi alla concorrenza. In sostanza bisognerebbe scindere la gestione della rete dalle attività commerciali che vi si svolgono, per tutelare le pari condizioni di accesso alla rete stessa da parte di tutti gli operatori. Parità di accesso che può essere garantita, secondo il parere di molti, solo da un soggetto neutro, che non svolga le attività di telecomunicazioni. Per rafforzare la neutralità dell’operatore si è sempre pensato che la rete dovesse essere gestita da un soggetto pubblico, soggetto che dovrebbe essere la Open Fiber od una sua società aperta anche al capitale privata.
Il progetto è fermo da anni.
Tim vorrebbe avere la maggioranza della nuova società, pur dichiarando di non volere un ruolo egemone nella gestione. Nel contempo c’è il problema della valutazione dei suoi asset, la vecchia rete in rame e la nuova, che confluirebbero nella nuova società. A complicare la vicenda c’è anche l’assetto proprietario di Tim, con i fondi ancora maggioritari ma con una forte presenza del gruppo francese Vivendi, l’azionista che singolarmente detiene la quota maggiore (23,9% delle azioni), a questi si aggiunge la Cassa Depositi e Prestiti (9,9%). Vivendi è, fra l’altro, protagonista di un tentativo di scalata a Mediaset. Merita ricordare che i networks televisivi hanno da temere lo sviluppo del web che potrebbe erodere quote del mercato pubblicitario.
Come si vede c’è un complicato intreccio difficile da districare. Lo dovrebbe e potrebbe fare lo Stato attraverso le sue società. Intervento che finora non c’è stato. Nei fatti la costruzione e l’aggiornamento della rete in fibra ottica va avanti da parte di Tim e Open Fiber.
I dati diffusi dalle aziende parlano di uno stato avanzato del progetto della rete in fibra, con una copertura ampia fino agli “armadi stradali” mentre è ancora contenuta la copertura fino all’interno delle abitazioni. C’è anche da rilevare che la copertura del territorio è a macchia di leopardo, dove le zone meno “ricche” subiscono handicap non indifferenti. I dati forniti da diverse agenzie, come l’AgCom, indicano infatti ritardi sulla copertura del segnale, causando velocità di connessione e stabilità della stessa inferiori rispetto alle potenzialità delle nuove tecnologie e rispetto agli standard degli altri paesi europei.
I ritardi sulla rete hanno impatti negativi sul sistema-Paese, data l’importanza del web in tutti i settori del lavoro. Non a caso l’impegno per l’ammodernamento della rete (come la banda ultra-veloce) è fra le priorità del Governo ed è una finalità dei contributi che arrivano dall’Europa.